di Maddalena Libertini
Il filo di Arianna è il nuovo progetto espositivo di Banco BPM che unisce arte e femminile. Fino al 30 giugno a Milano.
Arriva dopo Tutta l’intensità dell’amore materno e Tremar d’amore un nuovo appuntamento espositivo di Banco BPM presso la sede di piazza Meda a Milano. Trenta opere selezionate dalla collezione della banca che proseguono nel mettere la donna al centro dell’esplorazione artistica, attribuendole un ruolo da protagonista.
Inaugurata all’inizio di marzo in concomitanza con Milano MuseoCity, il cui tema quest’anno era “Le strade dell’arte”, la mostra di Banco BPM ha scelto il titolo Il filo di Arianna non per dipanarsi in un labirinto, ma per disegnare un itinerario attraverso le molteplici sfaccettature dell’universo femminile.
Epoche, tecniche, stili sono stati mescolati e distribuiti in sei sezioni tematiche, a loro volta raggruppate in due parti: la prima in cui la donna è rappresentata, la seconda in cui è lei a prendere in mano gli strumenti e a proporre la sua visione artistica. A fare da spartiacque tra queste due parti, al centro del percorso che segue la forma circolare dell’imponente salone bancario, uno dei capolavori conservati nella raccolta di Banco BPM, una grande tela di Luca Giordano.
Come per i due precedenti eventi espositivi della banca, a quadri e sculture sono state abbinate citazioni letterarie, scelte con cura per raddoppiare la chiave di lettura dell’allestimento: brani di narrativa, versi poetici, lettere degli artisti.
Ci ha fatto da guida attraverso la mostra Diana Vaccaro, responsabile del Patrimonio Artistico di Banco BPM.
“Con Il filo di Arianna abbiamo voluto presentare prima una donna che è oggetto nell’arte, quindi musa ispiratrice, per poi passare, invece, a una donna che è artefice lei stessa dell’arte. Una evoluzione, che non è stata priva di ostacoli, che l’ha portata a conquistare con tenacia la propria libertà e dignità di creatrice. Lo abbiamo fatto con opere che spaziano dal Seicento al Novecento e con autori molto diversi tra loro, e questo ci dà modo di raccontare anche la nostra collezione”.
Ritratto
Si parte da uno dei generi più classici dell’arte pittorica: il ritratto con le opere di Felice Casorati, Aligi Sassu e Simone Gentile. In questo caso i tre soggetti femminili restano anonimi a compendiare il tema in termini universali. Non sono identificati da nomi, sono semplicemente donne e, nel quadro di Casorati, manca anche una fisionomia identificativa ma compare uno specchio in cui la figura è intenta a guardarsi, forse a riconoscersi nella sua identità. Spiega Diana Vaccaro: “Donna allo specchio è del 1952, appartenente a un periodo tardo dell’attività del pittore, è una tempera all’uovo su faesite. I segni stilizzati del fondo nero emergono dalle campiture ocra con un effetto simile alla xilografia. In questa prima sezione, in cui la donna è musa, abbiamo voluto inserire una pittrice, la francese Simone Gentile, per rompere gli schemi. Per farle un complimento, le fu detto che dipingeva come un uomo e lei rispose che l’arte è arte, non è al maschile o al femminile. Questo fa emergere una questione di stereotipi di genere, che noi con questa mostra vorremmo, in qualche modo, superare.”
Corpo
La sezione successiva mette in primo piano il corpo femminile. “Abbiamo scelto Venere sullo scoglio o Bagnante di Cesare Maggi, più conosciuto come pittore di montagna e di paesaggi, per la sua capacità di elevare a simbolo di bellezza la fisicità normale e non idealizzata di questa donna che, uscita dall’acqua, si pettina i capelli. Gli abbiamo accostato Nudo di donna con veli (1905) di Cesare Laurenti, Figura di donna di Giuseppe Ajmone (1957), in cui un corpo sensuale si intuisce grazie alle pennellate bianche che, come colpi di luce, ne delineano i contorni, e la ballerina in ceramica di Angelo Biancini, colta in un momento di riposo”.
Maternità
Una piccola sezione riprende il tema della maternità, approfondita dalla mostra precedente e qui rappresentata da altre tre opere della raccolta di Banco BPM. “La maternità è una iconografia giustamente associata al femminile, di cui celebra la funzione generatrice con accenti laici o religiosi. Allo stesso tempo il valore della donna nella società si esprime in egual misura sia che sia madre, sia che non lo sia. Qui troviamo una scena intima di allattamento in un pastello di Donato Frisia, un olio di Trento Longaretti, in cui una madre con bambino in braccio sembra intenta in un cammino, e un delicato ed espressivo disegno di Adolfo Wildt che esponiamo per la prima volta.”
Lavoro
Sarte, ricamatrici e fioraie: tra Ottocento e una buona parte del Novecento queste professioni erano appannaggio delle donne, a volte anche molto giovani come mostra Nanetta merlettaia di Mario Vellani Marchi. “La fioraia di Egisto Lancerotto è l’immagine che abbiamo scelto per la comunicazione della mostra, e ci è piaciuto molto il contrasto creato dal pittore tra il lavoro umile e l’abbigliamento raffinato con cui raffigura la donna, soffermandosi con grande cura sui dettagli: i pizzi, la mano inguantata, il ventaglio, l’orecchino di perla. A questa piccola rassegna abbiamo poi aggiunto l’attrice con il bronzo di Sandra Milo giovane (1958) di Francesco Messina”.
Storie
Quello incentrato sulle storie è un gruppo più nutrito di opere che tiene insieme episodi leggendari, personaggi mitologici ed eroine della letteratura classica, assurte a figure archetipiche e coinvolte in vicende che intrecciano potere, forza, sottomissione e destino. “Lucrezia Romana di Osvaldo Bignami è una tempera su carta realizzata negli anni venti, restaurata per questa occasione, mentre Il suicidio di Cleopatra di Giovanni De Ferrari è un olio su tela della metà del Seicento. Entrambe queste donne scelgono la morte come gesto estremo di coraggio e ribellione al proprio fato. Nel quadro barocco l’artista ha la delicatezza di restituirci l’aspide quasi come se fosse un gioiello di questa regina che, piuttosto che rinunciare alla propria libertà, si toglie la vita. Qui, a metà percorso della mostra, abbiamo collocato il dipinto di Luca Giordano, Enea curato da Venere. Il pittore napoletano rilegge con il suo stile la scena dell’Eneide in cui Venere interviene per guarire la ferita inferta a suo figlio nello scontro con Turno. In questa grande tela riconosciamo la tecnica tipica di Luca Giordano: all’apparenza un’esecuzione precisa in tutti i particolari, in realtà avvicinandoci vediamo le pennellate veloci dell’artista, pronto a passare alla commissione successiva”.
Creatività
La mostra fa il suo giro di boa e si concentra sulla creatività al femminile. “In questa seconda parte le donne non sono più solo soggetti, ma autrici dell’opera d’arte. La selezione di dipinti, sculture e istallazioni mostra il loro contributo, riconoscendone il ruolo attivo nella storia dell’arte. La prima cosa da notare, soprattutto per le pittrici più indietro nel tempo, è che i loro quadri appartengono prevalentemente al genere della natura morta. L’altro dato da rilevare è che, quando si fa una ricerca biografica su queste artiste, si trovano molte meno notizie. Sono spesso citate come ‘moglie di’, ‘figlia di’. Elisabetta Marchioni, specializzata in fantasie floreali come quella esposta, ci è nota con il cognome del marito orafo; Elena Recco appartiene a una dinastia di pittori napoletani. Di contro far parte di una famiglia di artisti permetteva loro di accedere più facilmente al mestiere”. Se ancora all’inizio del Novecento la natura morta non era stata abbandonata, come ricorda il confronto visivo tra lo strabordante vaso di fiori di Emilia Placci da Porto e la cesta seicentesca, le opere degli anni settanta danno conto di una raggiunta libertà di registri, mezzi ed esperimenti. Marialuisa De Romans si orienta verso geometrie nette giocate su variazioni di blu; Cordelia von den Steinen si cimenta con la terracotta. L’arazzo di Niki Berlinguer riprende la tecnica, della tessitura, tradizionalmente associata al femminile, ma la porta nel territorio dell’astrazione; “la Meteora n. 13 – in caduta” è una sperimentazione ottico cinetica di Marinella Pirelli che, attraverso l’irradiazione di una sorgente luminosa mobile dietro dei pannelli di perspex, rende la sensazione di un oggetto cosmico dinamico. Il punto di caduta del percorso espositivo è l’opera di Elisa Baldanzini, vincitrice all’età di 14 anni del premio RiGenerazione Banco BPM 2024. Conclude Diana Vaccaro: “Abbiamo molto apprezzato L’oro del riciclo perché è al confine tra scultura e dipinto. Il riconoscimento è andato a lei per la capacità di guardare oltre e, in accordo con il tema della rigenerazione, riutilizzare materiali di scarto, fogli di giornale destinati a diventare rifiuti, trasformandoli in un’opera d’arte. Quindi abbiamo voluto premiare questa giovanissima artista e darle la possibilità di essere esposta qui”.