di Maddalena Libertini
I dati raccolti dalla nuova edizione della ricerca di Banca Ifis sull’Economia della Bellezza dimostrano la matrice culturale dello sviluppo del nostro Paese. Ma cosa cambia nell’era dell’Intelligenza Artificiale?
Che la Bellezza sia un tratto identitario dell’Italia è una affermazione universalmente condivisa e riconosciuta, quasi tautologica. E se è ampiamente dimostrato che la Bellezza, soprattutto nelle accezioni di natura, arte e cultura, abbia effetti positivi nella vita delle persone [come ricorda anche il titolo della settimana di è cultura! 2025], non è invece abbastanza noto l’impatto economico che genera: nel 2024 il comparto riconducibile alla Bellezza ha raggiunto i 626 miliardi di euro di valore aggiunto, equivalenti al 29% del PIL. Ancor più notevole è il fatto che il 48% dell’intera crescita del PIL italiano derivi dalle attività dell’Economia della Bellezza. A fornire questi numeri, su cui è importante fermarsi a riflettere, è la rilevazione dell’Ufficio Studi di Banca Ifis con la sesta edizione della ricerca Economia della Bellezza, che quest’anno introduce una nuova imprescindibile variabile: l’intelligenza artificiale.
Le coordinate dell’Economia della Bellezza
Per Economia della Bellezza l’indagine di Banca Ifis intende il comparto che produce ricchezza attraverso una traduzione virtuosa di identità, tradizioni e creatività in business. In altre parole, raggruppa in modo trasversale quei settori che fanno leva sugli elementi caratteristici del Made in Italy, dalla cultura del “saper fare” alle ricchezze storico-artistiche e paesaggistiche, e valorizza questo patrimonio tramite managerialità e innovazione. Per l’analisi di quest’anno sono state individuate tre macro aree: le imprese design-driven, che integrano estetica e funzionalità nei loro prodotti e servizi; le imprese purpose-driven, orientate a sostenibilità, inclusione e responsabilità sociale in stretta relazione con i territori in cui operano; e il turismo culturale e paesaggistico, capace di intercettare i flussi globali del turismo esperienziale.
Dal 2019 al 2024 complessivamente questi attori hanno fatto registrare una crescita del 35%, pari a 164 miliardi di euro di valore aggiunto. Solo tra 2023 e 2024 l’aumento è stato di 31 miliardi, dimostrando un andamento positivo solido. A fare da traino sono state le aziende legate al design che includono molte eccellenze italiane e che sono quelle che hanno fatto il maggiore exploit dal 2019, segnando ben un +69%. Segue da vicino nel 2024 il settore purpose-driven e resta appena più indietro quello del turismo che però nel quinquennio osservato è il secondo per crescita percentuale, con un +31%. L’anno scorso l’Italia si è classificata al secondo posto per presenze turistiche tra i Paesi EU, superando la Francia e battuta solo dalla Spagna.
AI alleata del talento
Come cambiano creatività e bellezza con l’adozione dell’intelligenza artificiale? Questa è la domanda che si è posta quest’anno la ricerca, concentrandosi su 177 aziende dei settori design-driven. Questo perché fin dalle prime rilevazioni è apparso evidente come non ci siano molti dubbi da parte delle aziende sulla volontà di introdurre l’AI nei propri processi, ma semmai sul come farlo. Il 35% delle imprese italiane del Made in Italy sta già investendo in questa tecnologia, oltre la metà delle progettualità è stata avviata nel 2024 e il ritmo sta accelerando nel 2025. Questa spinta è supportata da un altro dato: l’87% del campione di aziende che hanno investito in AI la considera un supporto e un affiancamento alla creatività, non una minaccia. Lo spiega con chiarezza Ernesto Fürstenberg Fassio, Presidente di Banca Ifis: “Il cambiamento è in atto, e per restare competitivi è necessario sapersi trasformare senza però rinunciare alle proprie radici. Sebbene l’Intelligenza Artificiale possa apparire, a prima vista, in contrasto con l’Economia della Bellezza, questa edizione offre una prospettiva diversa, più fiduciosa: quando la tecnologia incontra il ‘saper fare’ italiano – fatto di tradizione, esperienza e creatività – può nascere una trasformazione profonda e positiva. In questo processo, il ruolo delle persone resta centrale”.
Da qui scaturisce il concetto di Super-creatività, mutuato da quello di Superagency coniato da Reid Hoffman, il potenziamento delle capacità degli individui amplificate dalla tecnologia, che resta però sotto la guida umana. L’80% delle imprese manifatturiere considera il ‘saper fare’ dei Maestri d’Arte indispensabile per restare competitive, soprattutto sui mercati internazionali, ma l’interazione tra le competenze strategiche, intuitive ed emotive delle persone e la potenza dei modelli algoritmici può dare forma a una nuova eccellenza creativa. E questo in alcuni ambiti si sta già verificando. La ricerca, infatti, ingloba le testimonianze di sei personaggi di primo piano di sei settori diversi (Renzo Rosso per la Moda, Susana Rodriguez Escudero per la Cosmetica, Giulia Molteni per il Design, Marie-Louise Sciò per l’Hôtellerie, Luciano Galimberti per la Cultura museale e Michela Milano per l’Insegnamento universitario) che riportano il loro punto di vista e la loro esperienza sul campo in materia. Tutti gli intervistati convergono su un tema di formazione culturale nel rapporto con l’AI: la necessità di non rinunciare alla visione umana, di non demandare senza un approccio critico, di non abdicare all’estro, all’ingegno, all’intuizione, alla sensibilità.
Le conclusioni della ricerca sono ‘affidate’ alla stessa Intelligenza Artificiale che lascia questo monito: “L’automatizzazione senza consapevolezza non è progresso, è delega. La vera rivoluzione non è adottare l’Intelligenza Artificiale per automatizzare il pensiero, ma per amplificarlo, per renderlo più profondo, più efficace, più libero”.
La ricerca è consultabile e scaricabile gratuitamente sul sito di Banca Ifis.