Dalla pittura alla tipografia, dalla poesia ai manifesti pubblicitari, dalla moda alla polifonia rumorista, la rivoluzione estetica di Marinetti e dei suoi compagni a Desenzano del Garda fino al 26 ottobre
Si apre con la tela divisionista del 1901 Il lavacro dell’umanità di Gaetano Previati, proveniente dalla Collezione Banco BPM, e si chiude idealmente con Biliardo di Renato di Bosso del 1942-1943 la mostra Mondo Futurista al Castello di Desenzano del Garda. Tra questi due estremi temporali si svolge l’avventura artistica delineata dai due curatori Giordano Bruno Guerri e Matteo Vanzan attraverso 50 opere di varia natura e una selezione di scritti. A immaginare il Futurismo nel 1909 non è un pittore o uno scultore, è Filippo Tommaso Marinetti, Effetì per gli amici, poeta e ‘libero pensatore’. Con la sua prosa vibrante e aggressiva raccoglie le energie di Boccioni, Carrà, Russolo, Balla e Severini che, a loro volta, sottoscrivono il manifesto della pittura futurista e danno vita a una delle più originali avanguardie della storia dell’arte. Ma il futurismo è strabordante e non si accontenta di essere confinato in singoli campi disciplinari, vuole invadere e dire la sua su tutto ciò che riguarda l’esistenza umana.
Ricostruzione futurista dell’universo
Mondo Futurista è, quindi, una mostra che si muove su più registri. Per le arti visive tiene insieme la fase eroica e pioneristica che precede il primo conflitto mondiale con alcune premesse e opere di contesto – oltre a Previati, anche Nomellini, Bucci e Paresce, tutti prestiti di Banco BPM – e con gli esiti successivi, ormai più intrisi dalla consapevolezza dell’innovazione cubista e astratta e progressivamente sempre più espressione di nuclei locali disseminati su tutta la penisola. Accanto ai nomi più noti come Balla e Depero, ci sono il piacentino Osvaldo Barbieri detto BOT, il siciliano Giulio D’Anna e, dal Gruppo futurista Savarè di Monselice, Italo Fasolo (Fasullo), la cui Città cosmica fu esposta alla XXIII Biennale di Venezia del 1942. Benedetta Cappa e Marisa Mori rappresentano il contributo femminile al movimento, tacciato di misoginia per la famosa frase sul “disprezzo delle donne” contenuta nel primo manifesto marinettiano. Pezzo iconico dell’esposizione è Forme uniche della continuità nello spazio di Umberto Boccioni. Alla morte dell’artista nel 1916 della scultura esisteva solo il gesso e fu Marinetti negli anni trenta a convincere il Comune di Milano a finanziare le prime fusioni in metallo. Ne verranno fatte due in ottone ramato e, successivamente negli anni cinquanta, altre due in bronzo. La versione a Desenzano è una prova di fusione della nuova tiratura realizzata dalla Galleria La Medusa intorno al 1971-1972 dall’unico esemplare in bronzo conservato in Italia. Il fonditore Francesco Bruni decise di tenere per sé questo modello che viene per la prima volta presentato in una mostra.
L’arte è solo una delle molteplici espressioni della vita futurista e quindi, oltre a quadri, sculture, disegni e schizzi preparatori, sono esposti arredi, bozzetti di moda, manifesti pubblicitari, grafiche per le copertine di riviste. Ampio spazio anche alle pubblicazioni tra cui spiccano le prime edizioni di Mafarka il Futurista e di Zang Tumb Tumb, firmati da Marinetti e da lui dedicati alla poetessa Enrica Piubellini, anche lei presente in mostra con alcuni testi paroliberi per il giornale L’Italia Futurista.
Previsioni di futuro futuriste
Marinetti era nato nel 1876, nella scia di cambiamenti epocali, di grandi scoperte tecnico-scientifiche e progressi sociali ancora parziali dal punto di vista attuale, ma rilevanti rispetto ai tempi precedenti. Elettricità, telegrafo, radio, motore a scoppio ma anche aspirina, cardiografi, controlli igienici e sulle lavorazioni alimentari avevano radicalmente trasformato la vita almeno di quella parte degli abitanti della Terra, che nel 1900 avevano raggiunto il miliardo e 650 milioni, di cui egli faceva parte. Forse l’essere testimone di tutti questi sviluppi della modernità lo aveva dotato dell’abilità di preconizzarne altri spingendosi molto più avanti nel tempo. Marinetti prevede per esempio – ricorda Guerri nel catalogo che accompagna la mostra – che si potrà “scrivere in libri di nickel, il cui spessore non supera i tre centimetri”, in grado di contenere più di centomila pagine; che caldo, fresco e ventilazione saranno “regolati da rapidi meccanismi”; che atleti e celebrità saranno onorati più dei poeti con “battaglioni di ammiratori che si assiepano per disputarsi la stella” e che le comunicazioni tra le persone saranno veloci e sbrigative, lasciando da parte la punteggiatura e usando i segni matematici + – x e immagini che “servono a esprimere la mimica facciale e la gesticolazione”. Presagio funesto appare ai nostri occhi, purtroppo, l’esaltazione della guerra che però Guerri prova a riportare in una prospettiva storica. Più che alla guerra, scrive, bisogna guardare all’idea di lotta, manifestazione vitale dell’individuo e della collettività: “Un’esistenza senza lotta non sarebbe stata in grado di sviluppare il vero progresso, vero obiettivo della rivoluzione futurista”, precisa Guerri.
E per rivoluzionare e sconvolgere i cliché della società borghese i futuristi sono pronti a cogliere tutte le innovazioni a loro disposizione. Come il cinema, in contrasto con il “teatro passatista condannato a morte”. Nel 1916 Vita Futurista, girato a Firenze e andato perduto, sarà un primo tentativo a cui farà seguito il mediometraggio Thais di Anton Giulio Bragaglia con la scenografia di Enrico Prampolini. Altro campo di ricerca pioneristica è la musica rumorista, ispirata secondo Luigi Russolo ai nuovi suoni della modernità: clacson, sirene, motori. In mostra il manifesto L’Arte di Rumori di Russolo e la ricostruzione in base al suo brevetto dell’Intonarumore: urlatore medio, lo strumento acustico da lui inventato. Le proposizioni di Russolo, spiega Matteo Vanzan, sono da considerarsi un “punto di partenza imprescindibile per comprendere la nascita della musica avanguardista prefigurando lo sviluppo di generi musicali ibridi fino ad influenzare direttamente figure chiave come John Cage, John Zorn e Trent Reznor dei Nine Inch Nails”. Quella della musica sperimentale è solo una delle molte eredità lasciate dai futuristi dietro di loro. “Marinetti per primo intuì che l’oggetto quotidiano, l’immagine pubblicitaria, il prodotto commerciale sarebbero finiti nei musei. Per primo parlò di un’arte «per tutti», di una cultura da trasferire fuori dai suoi luoghi istituzionali, in modo da donare a ognuno «la volontà di pensare, creare, svegliare, rinnovare»”, conclude Guerri.