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I paradossi della mente e della visione di Escher

I paradossi della mente e della visione di Escher

6 Luglio 2025

Per la prima volta in Puglia una mostra dedicata al maestro delle illusioni ottiche: al Castello di Conversano 80 opere, sale immersive e approfondimenti didattici. Fino al 28 settembre

Nel 1961 il grande storico dell’arte Sir Ernst Gombrich, autore di The Story of Art, uno dei libri sulla materia più venduto e più tradotto al mondo, scriveva per The Saturday Evening Post l’articolo How to read a painting (Adventures of the mind) che analizzava tre opere di Maurits Cornelius Escher (1898-1972). Il binomio Gombrich-Escher era tutt’altro che scontato e il primo a sorprendersene, pur rallegrandosene, fu proprio l’artista olandese. Anche Gombrich, che l’anno precedente aveva pubblicato Art and Illusion. A Study in the Psychology of Pictorial Representation, all’inizio dell’articolo ci tenne a specificare che Escher era più noto ai matematici che ai critici o ad altri artisti. Aveva ragione. Escher aveva effettivamente faticato a ottenere riconoscimenti dal mondo dell’arte. I primi erano arrivati solo nel 1951 grazie ad altri tre articoli pubblicati sui periodici The Studio, Time e Life. Nel 1954 si tenne la sua prima mostra personale importante allo Stedelijk Museum ad Amsterdam, proprio a margine dell’International Congress of Mathematicians che segnò il sodalizio tra l’artista e la comunità scientifica degli studiosi.

Oggi che il nome di Escher ha conquistato una enorme popolarità, il suo linguaggio visivo ha dimostrato di saper raggiungere un pubblico molto vasto e diverso per generazioni, formazione e interessi culturali, che accorre spesso con numeri da record per vedere le sue opere.  

Escher debutta in Puglia

Quello che per Gombrich era emblematico nel lavoro di Escher era la sua capacità di portare al limite le regole della rappresentazione, rendendo palese la complessità di una immagine e dei meccanismi che i nostri occhi e la nostra mente mettono in atto per leggerla. Questa abilità, che si basa sulla costruzione geometrica e ottica ma che è anche vicina al trucco del mago che continua a stupire anche se ripetuto all’infinito, si rinnova nella mostra M.C. Escher al Polo Museale – Castello Conti Acquaviva d’Aragona di Conversano attraverso 80 opere, corredate da approfondimenti didattici, video e sale immersive. L’evento espositivo, curato da Federico Giudiceandrea, prodotto e organizzato da Arthemisia in collaborazione con la M.C. Escher Foundation e Maurits, e che ha come partner BdM Banca, ripercorre in otto sezioni l’avventura e l’evoluzione artistica del grande incisore olandese a partire dagli inizi della sua carriera. Si possono quindi seguire le tappe biografiche fondamentali: la formazione nel corso di arti grafiche di Samuel Jessurun de Mesquita a Haarlem; i viaggi nel Mediterraneo e il soggiorno a Roma; le visite all’Alhambra di Granada, decisive per la sua produzione; il ritorno in patria; la corrispondenza con matematici e cristallografi che orienta sempre di più il suo processo creativo verso le strutture impossibili; il momento dell’affermazione nella fase finale della sua vita.

Maestro di tecnica e di invenzione: la grammatica escheriana

L’altro filone da cui non si può prescindere è quello della ricerca sulle forme e delle sperimentazioni di Escher che nella mostra sono raggruppate in quattro sottotemi: tassellature, metamorfosi, struttura dello spazio e paradossi geometrici. Questi lavori più famosi accostati alle opere giovanili permettono di rilevare la continuità della sua perizia nelle diverse tecniche grafiche, xilografia, litografia, mezzatinta, a fronte di uno stile che si sposta da un’eleganza decorativa in linea con le influenze a lui contemporanee verso un repertorio unico, distintivo e inconfondibile. L’altro aspetto che progredisce è l’attrazione per la natura, in tutte le sue scale dimensionali: nel campo largo ci sono vedute e panorami dei luoghi che visita nei suoi viaggi nel centro e sud Italia; l’inquadratura si restringe sull’ulivo visto in Corsica o sul tempio di Segesta in Sicilia; l’osservazione diventa estremamente ravvicinata sugli scarabei stercorari, sul soffione o sulla goccia di rugiada che funziona da lente di ingrandimento delle nervature foliari. Nel corso del tempo questo interesse si indirizza verso una riflessione più teorica sulle leggi naturali, meno aderente alla mimesi e più ai concetti, alle strutture, alle ripetizioni seriali, alle corrispondenze e alle trasformazioni che porteranno alla realizzazione dei cicli e delle metamorfosi. L’universo di Escher sembra esprimersi nella rivelazione di moduli e matrici che si ritrovano negli esseri animati e nelle cose inanimate, di codici fondamentali che, attraverso la variazione di sequenze, danno origine a esiti diversi. L’effetto binario del bianco e del nero, solo raramente acceso dal colore, rende più evidente questo sistema di concatenazioni che tiene insieme elementi complementari in progressioni che tendono idealmente all’infinito. Il passaggio successivo lo spingerà verso l’ulteriore astrazione intellettiva delle figure impossibili, delle deformazioni spaziali e delle illusioni ottiche. Il nastro, la spirale, i dodecaedri stellati aumentano la complessità dell’immagine e introducono una tridimensionalità fittizia ma seducente. Chi guarda processa le informazioni visive e desidera contemplare nella mente situazioni irrealizzabili. Nei suoi capolavori degli anni cinquanta – Relatività, Concavo e Convesso, Cascata – ricorrono architetture che sembrano aderire ai principi della prospettiva, salvo poi creare distorsione e disorientamento. I suoi paradossi sono dei rompicapi in cui si annulla la certezza del punto di vista fenomenico e si rendono plausibili la convergenza degli opposti “salire-scendere” e la coesistenza simultanea di mondi diversi, come in un multiverso della Marvel. Su un altro registro percettivo agisce nell’osservatore la coscienza del livello di controllo esercitato dall’artista su queste rappresentazioni parossistiche, ottenuto con estremo rigore e metodo, eccezionale padronanza della tecnica incisoria e una notevole precisione e profusione dei dettagli.

Escher popstar

L’ultimo capitolo è dedicato al momento della fama e comprende anche dei risvolti ironici. Se, infatti, sono stati soprattutto esponenti della cerchia scientifica a contribuire a far conoscere Escher dedicandogli articoli e utilizzandone i disegni per illustrazioni e copertine, fu il movimento hippie a farlo uscire dalla sfera accademica sentendo i suoi lavori affini a una visione alterata della realtà indotta da droghe e altre sostanze allucinogene. Ci furono diversi usi non autorizzati delle sue opere, spesso modificate o colorate con tinte fosforescenti, per magliette, dischi, poster. Questa indebita appropriazione ingenerò in Escher una reazione di diffidenza che lo indusse a rifiutare per ben due volte la richiesta di Mick Jagger di usare delle sue stampe per un LP dei Rolling Stones. Non ebbe più successo il regista Stanley Kubrick che gli chiese di rappresentare una scena di un mondo a quattro dimensioni. La vena di ispirazione che Escher ha lasciato dietro di sé non si è esaurita e la mostra né da conto con diversi esempi: grafici, pubblicitari, illustratori, artisti continuano ad attingere al suo immaginario. La sua produzione si presta a essere riprodotta per oggetti di vario tipo, dalla cancelleria all’abbigliamento, ma soprattutto per i puzzle aumentandone esponenzialmente il livello di difficoltà. Resta da vedere quali interpretazioni scaturiranno dall’applicazione delle tecnologie di intelligenza artificiale ai suoi pattern e ai suoi enigmi combinatori.