di Maddalena Libertini
C’è tempo fino al 28 settembre per visitare ai Musei Reali di Torino Da Botticelli a Mucha. Bellezza, natura, seduzione, un excursus sull’ideale estetico declinato al femminile dal Rinascimento all’Art Nouveau
Nelle prime pagine della sua Storia della Bellezza, a commento dell’introduzione, Umberto Eco inseriva alcune tavole comparative per dimostrare in che modo l’idea di bellezza nel mondo occidentale si fosse modificata in base alle epoche storiche e culturali. Questa comparazione si fondava, tuttavia, su un assunto: l’esistenza di archetipi estetici di cui è possibile seguire l’evoluzione nel tempo, primo tra tutti quello di Venere. Sempre in apertura del libro Eco sosteneva che l’arte è necessariamente il campo di indagine della bellezza, perché è quella che ha preservato le testimonianze della sua rappresentazione nei secoli. Infine osservava come i rapporti di valore tra bellezza, arte e natura non siano stati costanti, suggerendo però implicitamente che ogni riflessione sul concetto di bellezza non possa prescindere dal guardare in questa direzione. Con la sua indiscussa autorevolezza Eco sintetizzava e poi argomentava nelle pagine successive tre elementi fondamentali che, a vent’anni di distanza dall’uscita del volume, hanno occasione di essere presi nuovamente in considerazione nella mostra torinese Da Botticelli a Mucha. Bellezza, natura, seduzione. Ospitata nelle sale al piano terra di Palazzo Chiablese, l’esposizione a cura di Annamaria Bava è costruita intorno ai nuclei collezionistici dei Musei Reali a cui si aggiungono prestiti selezionati da altre raccolte nazionali e internazionali.
Venere e le altre
Punto di partenza del progetto espositivo è la tela della Venere di Sandro Botticelli, uno dei capolavori della Galleria Sabauda proveniente dalla collezione di Riccardo Gualino, il grande imprenditore e mecenate piemontese che l’acquistò a Parigi nel 1922. Secondo lo storico dell’arte suo amico e consigliere Lionello Venturi, si trattava di una versione preparatoria per la Nascita di Venere, l’emblematico quadro degli Uffizi, epitome della bellezza rinascimentale. Una bellezza che nella contemplazione estetica concentrava un compendio di virtù, simboli e significati filosofici che si accompagnavano alla ripresa del classico e alla permanenza del mito. In questo senso Venere è la capofila di una serie di personaggi femminili che la mostra esamina attraverso esempi di diversi periodi e tecniche artistiche. Elena, il contraltare mortale della dea, campionessa di bellezza e personificazione della forza travolgente del desiderio amoroso, ne introduce l’aspetto ambivalente e potenzialmente distruttore. Tra le opere che la riguardano c’è il dinamico gruppo in marmo de Il ratto di Elena realizzato nel 1738 da Francesco Bertos, scultore di grande virtuosismo a cui le Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo hanno recentemente dedicato una mostra. Le Grazie, Eufrosine (la Gioia), Aglae (lo Splendore) e Talìa (la Prosperità) riportano il discorso al tema dei valori positivi associati alla bellezza, della tensione all’ideale e alla perfezione, mentre le Muse a quello del potere dell’ispirazione che instillano negli esseri umani. L’arte usa dunque le figure muliebri in funzione allegorica e Lucrezia, nella mostra raffigurata nell’olio di Cristoforo Savolini della Collezione Banco BPM, è una eroina moderna che sceglie con fierezza il proprio estremo destino. Merita un breve cenno un gruppo di sei tele delle Sibille, perché in questo caso, negli anni quaranta del Seicento, è una donna a dipingere delle donne: Orsola Maddalena Caccia, suora pittrice, figlia d’arte del monferrino Guglielmo Caccia detto il Moncalvo.
La meraviglia della Natura
L’affondo sulla bellezza della Natura è affidato alla passione documentaria di Carlo Emanuele I di Savoia che ha regnato per 50 anni, dal 1580 al 1630. La Biblioteca Reale di Torino ne custodisce gli album naturalistici che erano parte integrante della sua raccolta d’arte e di curiosità. Commissionati ad artisti oggi ignoti riflettono il gusto enciclopedico che si forma alla fine del XVI secolo e l’urgenza di conoscere e catalogare che accomuna la scienza all’arte. Gli album sono dedicati a fiori, pesci e uccelli e sono composti da tavole di grandi dimensioni che per comodità di fruizione ed esposizione sono ora conservate separatamente e non rilegate. L’album dei pesci comprende 75 tavole a tempera su carta di creature acquatiche riprodotte a scala 1:1 e includono diverse specie di pesci di acque dolci o del Mediterraneo, molluschi, crostacei, rettili ed echinodermi. Le 16 tavole dell’album degli uccelli contengono 18 figure, inclusi alcuni esemplari esotici provenienti dalle Americhe come il tucano e il cacatua. Sono realizzate con l’utilizzo di piume incollate su sagome dipinte a tempera, applicate su raso di seta di vari colori e sono un esempio della cosiddetta “arte plumaria”. Per le 53 tavole dell’album dei fiori è stata impiegata la tecnica dell’acquerello per rappresentare flora autoctona, esotica, una stella marina e alcuni fiori fantastici. Sia nel complesso sia prese singolarmente le tavole offrono una prospettiva sulla nascita di un interesse parascientifico ancora mescolato all’estro dei gabinetti delle meraviglie e a un approccio di stupore per i prodigi della natura. La loro bellezza sta, per uno sguardo contemporaneo, in un’aderenza all’originale che non trascura l’eleganza della grafica e uno spirito di invenzione artistica.
Da dee a dive
Mettendo da parte la mitologia, la ricerca della bellezza si rivolge a figure femminili più mondane e l’arte ne è lo strumento con i ritratti di regine, nobildonne e dame di corte. Per alcune abiti, gioielli e lo status intervengono a supplire a tratti estetici non sempre aggraziati, per altre alla fine dell’Ottocento l’avvento della fotografia contribuisce a testimoniare l’indiscutibile avvenenza senza l’intervento migliorativo del pittore. Sono gli anni di icone di fascino entrate nella leggenda come Sissi e Virginia Oldoini, contessa di Castiglione, il cui potere di seduzione ha fatto la storia d’Italia. Il Novecento porterà con sé l’esplosione della dimensione divistica delle prime attrici del cinema attraverso la moltiplicazione della riproduzione delle loro immagini su riviste, locandine o le popolari cartoline fotografiche. Le arti più tradizionali, liberate dai vincoli del realismo, si possono spingere in territori eclettici e simbolisti combinando suggestioni orientalizzanti, letterarie o teatrali, come nel caso della Semiramide (1905) di Cesare Saccaggi. In conclusione della mostra un gruppo di cromolitografie dell’artista ceco Alphonse Mucha con le sue affascinanti donne immerse nelle linee fluide dell’elemento floreale, protagoniste di manifesti pubblicitari o di grafiche decorative, danno un saggio dell’immaginario di un autore che ha contribuito a plasmare l’effervescenza della Belle Époque, sostenendo un ideale di arte e bellezza in grado di rendere il mondo migliore.